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Ivo de Palma....la classe non è acqua, E se prendessimo esempio da lui?!?
Benjamin Kalas
messaggio Mar 18 2011, 10:08 PM
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Aprendo il mio profilo di facebook mi imbatto in questo articolo dal titolo
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Bologna, 17 mar 2011 - All’anniversario dei 150 anni dell’unità italiana, il nostro paese si presenta realmente unito sotto ben pochi aspetti. Numerosi sono i pensieri e i pregiudizi che assillano le nostre menti e che si ripercuotono nella realtà e nella quotidianità rappresentando continuamente cause di profonda divisione sociale, economica, lavorativa, culturale, spesso inopportunamente cavalcate e alimentate da parte della politica italiana che, in questo modo, da un lato soddisfa il proprio tornaconto per ottenere un facile consenso facendo leva su pregiudizi e luoghi comuni diffusi nella popolazione, mentre dall’altro alimenta la divisione che ancora affligge questo paese. Divisione che, peraltro, favorisce il gioco dei potenti: un popolo diviso è più facile da gestire e controllare di un popolo unito.

Com’è ben noto alla classe dirigente e a buona parte degli italiani, nel nostro paese è molto diffusa la fruizione massiccia della televisione (mezzo che molti di noi utilizzano, o hanno utilizzato, come fonte di informazione principale), un medium che, per sua stessa natura, si presta a manipolazioni di vario genere, con cui si può evitare di rappresentare o raccontare pienamente quanto accade nel nostro paese: basti pensare a L’Aquila, dove la situazione è tutt’altro che risolta, dato che il centro storico è distrutto, le macerie sono ancora lì a terra, molta gente attende ancora una casa, ambulatori medici e altre attività lavorative si svolgono nei container, e dove ci son ben numerosi altri problemi che non si possono certo risolvere semplicemente evitando di inquadrarli con le telecamere e di mostrarli in tv.

Cos’è dunque che può unire questo popolo che passa così tanto tempo davanti alla tv? Molti ritengono che da oltre trent’anni, in tv, vengano trasmessi sempre e solo programmi stupidi, di dubbio gusto, o che la tv sia per sua stessa natura qualcosa di negativo. Costoro trascurano un elemento che ricopre una fondamentale importanza per diverse generazioni di italiani: la rapida diffusione in massa e costante delle serie animate giapponesi, gli anime, che ha contraddistinto i palinsesti televisivi dell’intero decennio degli anni ’80, iniziando a scemare solo nel corso degli anni ’90, a causa di pregiudizi, accuse e censure. Tuttavia, questa messa in onda così intensiva che non ha eguali in tutto l’Occidente, non deve essere assolutamente sottovalutata, liquidata con parole di scherno o ignorata, dato che essa ha fatto sì che dal 1978 ad oggi (in cui la fruizione principale degli anime si è spostata dalle tv a internet e all’home video) molte persone appartenenti a diverse generazioni di italiani, seguissero e, in molti casi, si appassionassero alle vicende dei loro beniamini animati, nelle cui avventure, in vari casi si scorgono citazioni a illustri esponenti della cultura italiana, come Dante. Come se non bastasse, la diffusione e la presenza dei cartoni giapponesi in Italia è legata a filo doppio a diversi importanti avvenimenti della nostra storia più recente.

È il 4 aprile 1978, durante i difficili giorni del sequestro di Aldo Moro, che, sulla Rai, fa il suo esordio la prima serie tv giapponese “pura” (cioè non frutto di co-produzioni con paesi esteri, come Heidi): Goldrake. Le avventure di Actarus, il pilota del robot Goldrake proveniente da un lontano pianeta devastato dalla guerra e dalle radiazioni, che protegge la terra da Re Vega mettendo a rischio la sua stessa vita, senza farsi dissuadere nemmeno dal riaprirsi di una sua ferita al braccio destro che, a causa delle radiazioni Vegatron (metafora delle vere radiazioni rilasciate da energia e armi nucleari), è destinata ad espandersi nel suo corpo fino ad ucciderlo. Goldrake diviene involontariamente il manifesto della produzione animata giapponese che, attraverso i televisori in bianco e nero allora posseduti dalla maggior parte degli italiani, inizia ad occupare i palinsesti Rai (a lui fanno seguito altri come Capitan Harlock, Remì e Mazinga Z) e soprattutto quelli delle tv private, dove arrivano altri anime robotici come Il Grande Mazinga e Jeeg Robot d’Acciaio, iniziando una graduale e inarrestabile attività di unione dei bambini e dei giovani italiani. Non importa la regione d’Italia in cui vivono, l’interesse verso quei personaggi è generale e riguarda l’intera nazione. Per tentare di capire come mai delle serie televisive riescano a ottenere un così tale e generale coinvolgimento emotivo, superiore persino a quello dato dal cinema (in Italia, prima delle serie tv, erano già arrivati alcuni film d’animazione nipponici, ma senza successo), è opportuno ricordare le parole del regista Ingmar Bergman sulla tv: “la sera, quando guardo la televisione, mi coglie improvvisa la sensazione che il cinema sia superato, invecchiato, un’arte della quale si potrebbe fare a meno, e che meriterebbe di essere gettata via. I film e i drammi che noi costruiamo non potranno mai attingere il livello drammatico della televisione, il suo potere di suggestione, la sua immediatezza. Il cinema non può stimolare l’immaginazione come la televisione”.

Di quanto sia profondo e diffuso l’affetto dei bambini italiani verso quei cartoni ne viene data una sconcertante testimonianza nel caso di Vermicino (giugno 1981), quando la Rai segue con un’interminabile diretta il
pega

calvario di Alfredo Rampi (per tutti “Alfredino”), un bambino di sei anni che cade nelle profondità di un pozzo, dal quale si cerca di estrarlo vivo con ogni mezzo. Alfredino riesce a comunicare con l’esterno attraverso un microfono posizionato vicino a lui e la sua voce si imprime irrimediabilmente nella mente di chi segue quella diretta. Per rassicurarlo, un vigile del fuoco gli parla ripetutamente di vari argomenti e dei personaggi dei cartoni animati che il bambino predilige, avvertendolo che Mazinga Z e Jeeg Robot sarebbero arrivati a salvarlo (“Non piangere, vedrai che andrà tutto bene. Adesso arriva Mazinga con le mani di ferro e ti porta via”). I robot non arrivano, i soccorsi falliscono e il mondo della fantasia nipponica, in Italia, si infrange contro la realtà.

Nel corso degli anni ’80, segnati dalla paura dell’Aids, dalla nube radioattiva di Chernobyl che attraversa l’Italia e da numerosi altre vicende, gli anime continuano a tenere compagnia, ad alimentare la fantasia dei loro primi fan ormai divenuti adolescenti e di nuovi bambini, facendo in un certo senso da scudo “protettivo” verso tutti quei tragici avvenimenti raccontati dai telegiornali. Dilagano le serie sportive come Rocky Joe, l’Uomo Tigre (in cui il protagonista, per sostenere economicamente un povero orfanotrofio decide di smettere di pagare il pizzo all’organizzazione criminale Tana delle Tigri, provocando la sua condanna a morte da parte di quest’ultima e compiendo così un gesto la cui pericolosità è facilmente comprensibile nel nostro paese), Holly & Benji, Jenny la tennista, Hilary. Tra di esse spiccano anche i due anime dedicati alla pallavolo, Mimì e Mila & Shiro, capaci persino di provocare un così vasto interesse nelle bambine italiane da spingere alcune di esse a divenire vere e proprie giocatrici professioniste, come nei casi di Francesca Piccinini e Eleonora Lo Bianco.

Parallelamente alla fruizione degli anime, crescono polemiche, luoghi comuni, pregiudizi da parte del mondo degli adulti verso le opere giapponesi, come le numerose critiche verso le “lacrimevoli” storie di orfani come Candy Candy e Remì, accusate di deprimere i bambini. In realtà, dietro ai numerosi orfani che popolano il mondo degli anime (specie negli anni ’70) si nasconde tutt’altro: molte delle persone che creano e lavorano a quei cartoni sono nate tra gli anni ’30 e ’40 e, a causa della seconda guerra mondiale, subiscono in molti casi la perdita di uno o di entrambi i genitori. La creazione di quei personaggi è dunque il riflusso delle difficili condizioni famigliari vissute dai loro autori, i quali presteranno sempre grande attenzione agli sviluppi dei nuclei famigliari nel corso degli anni successivi: non deve quindi sorprendere che in Gundam, il protagonista adolescente abbia i genitori divorziati e un difficile rapporto con loro, caratteristiche che, per chi in Italia è appunto figlio di genitori separati, ne possono favorire l’identificazione.

Come se non bastasse, attraverso gli anime si sono in più occasioni individuate allusioni alla cultura e alla storia italiana (in Kyashan, il nemico principale del protagonista ha un volto e un comportamento simili a quelli di Mussolini), raggiungendo l’apice con I Cavalieri dello Zodiaco, nella cui edizione italiana sono state volontariamente aggiunte citazioni di illustri artisti italiani, a volte rielaborandole (“il tuo spirto guerrier entro mi rugge” da Ugo Foscolo), oppure citando testualmente Dante (“Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole”) e Leopardi (“Tra questa immensità s’annega il pensier mio”), mantenendo nel frattempo un tono aulico e molto articolato nel linguaggio dei personaggi, il che può aver contribuito ad ottenere un forte valore pedagogico e formativo negli spettatori più giovani.
gold

Dagli anni ’90, nascono in Italia i primi editori che pubblicano manga (i fumetti giapponesi) e anime, contribuendo così a una fruizione più matura e consapevole sia dei prodotti audiovisivi, sia di quelli cartacei, che si diffonde gradualmente nella popolazione italiana riscuotendo, ancora oggi, l’interesse di nuove generazioni di spettatori e lettori. I fan di queste produzioni, nel corso degli anni, hanno inoltre iniziato a interagire tra loro, prima via lettera, poi tramite incontri alle fiere del fumetto e infine attraverso il web e i social network, che hanno ulteriormente favorito l’interazione (creando purtroppo anche conflitti e divisioni) e la conoscenza tra persone di varie città d’Italia e di età diverse, creando così amicizie e legami affettivi nati grazie alla comune passione per le opere nipponiche, la quale ha reso possibile il superamento di quei pregiudizi sociali, culturali, geografici e anagrafici, spesso presenti nella popolazione italiana.

Se oggi molti di noi sono accomunati dall’affettuoso ricordo del tempo trascorso nell’infanzia e/o nell’adolescenza a seguire le gesta dei personaggi giapponesi, o dall’interesse per il Giappone, è dunque merito di quei numerosi cartoni che, dal 1978, ci hanno fatto scoprire un nuovo modo di intendere e produrre l’animazione, fornendoci anche una possibilità di essere più uniti e socialmente compatti tra di noi, grazie anche a un insegnamento spesso presente negli anime: nella vita è fondamentale saper collaborare con gli altri, mostrando interesse per l’intera nazione a cui apparteniamo ed evitando quegli egoismi e individualismi che conducono inevitabilmente alla sconfitta e alla rovina.

di Alessandro Montosi

Dopo una precisazione dell'autore tale Alessandro Mario risponde:
CITAZIONE
Dopo i quindici anni di età li ho giustamente rivalutati (e non in meglio)

E' un trucco a cui siamo avvezzi anche da queste parti sparata a 0 senza argomentazione alcuna e qualcuno cade nella rete.....
CITAZIONE
eh sì, già dissi che era un bel articolo e penso che l'accento sul valore "pedagogico" di certe citazioni poetiche dei CDZ sia azzeccato. Bravo Ivo che già all'epoca, ebbe l'intuizione postomoderna.

la risposta di Alessandro non tarda ad arrivare sempre con le stesse modalità
CITAZIONE
A mio parere non hanno alcuna valenza pedagogica in quanto gli anime insegnano a uniformarsi con il gruppo tralasciando la propria individualità, a vedere il mondo in bianco e nero tralasciando le tinte di mezzo.

La voce più famosa dei Cavalieri dello zodiaco non ci sta e prende le distanze
CITAZIONE
Ivo De Palma Non entro nel merito, sul quale ovviamente ho la mia opinione. Solo, visto che parliamo di individualità e di sfumature da cogliere, mi piacerebbe che gli interlocutori, e in special modo quelli più critici, non nascondessero il proprio volto.(nota alessandro non ha un avatar)

Alessandro tenta una debole resistenza anche qui in termini a noi già noti, sviare il discorso e citare fonti non immediatamente e concretamente riscontrabili
CITAZIONE
Signor De Palma è sempre stata una mia scelta quella di non inserire la mia foto su facebook ma se proprio desidera sono disponibilissimo a mostrare il mio volto su altri mezzi (esempio messenger). Se è una condizione imprescindibile per discutere allora mi allontano senza alcun problema.

Ivo chiede la discussione con un taglio netto
CITAZIONE
Devi capirlo tu che venire a pontificare (e lo direi qualunque fosse l'opinione da te espressa) senza nemmeno farsi vedere in faccia è scorretto e non si fa. Tua scelta? Ognuno ha le sue priorità, ma non capisco perché, nel momento di uno scambio d'opinione magari vivace, gli altri interlocutori debbano restare all'oscuro di chi diavolo è il loro contraddittore. dirai che lo fai per proteggerti. Bene, discutere con un ombra non è comunque saggio da parte di nessuno, quindi hanno diritto di proteggersi anche gli altri.


Standing ovation signori inchino.gif
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Messaggio modificato da Benjamin Kalas il Mar 18 2011, 10:33 PM


Pinguo è bello



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Fëanor Spirito di ...
messaggio Mar 19 2011, 01:23 AM
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Ivo de Palma è molto permaloso.. il fatto è che nel 99% dei casi fa bene perché ha ragione!

Eh.. i rosiconi non mancano mai, come i bimbiminkia xd.png


Pinguo è bello



Kurumada si è bevuto il cervello.. ed è morto di sete! (cit.)



In tal fatta capitò quindi che l'Allievo si dipartisse dal Reame Beato al pari degli altri esiliati, benché servisse ancora le Potenze e si mescolò alle genti della Terra di Qua. Ma a causa della sua fedeltà all'Occidente poco amore nutriva per i figli di Fëanáro pur sempre ribelle, che conquistavano territori e continuavano la loro guerra dimentichi della Luce che vi era all'Ovest; e in conto pari a selvaggi aveva quegli elfi che, prima del Sole e della Luna, avevano rifiutato l'invito dei Valar a recarsi oltre il Mare. Ecco quindi che si fece solitario e prediligeva la vita nelle selve ove meditava su come attuare la rivincita del suo Ordine. Non per questo chiunque, perdutosi nei boschi o spintosi nelle foreste per le ragioni più svariate, alla vista dell'Allievo, non poteva non restare stupito di tanta bellezza, ché dieci ere nelle selve non bastavano a sminuire la maestà che gli splendeva in volto, riflesso della beatitudine della terra donde veniva.
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Manichan
messaggio Mar 30 2011, 10:32 PM
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ManigoldoCardiapatico
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Pisces



Meno male che certe persone mi illumano... non ci avevo capito niente della serie. Avevo sempre visto un gruppo fatto da:

-Un impulsivo poco cervello e tanta azione che spesso prende botte perchè non pensa
-Un saggio tranquillo che cerca di tenere a bada l'impulsivo e dà il meglio quando si adira
-Un gelido e distaccato che si porta dentro un trauma pesantissimo che lo rende psicologicamente fragile
-Un pentito che è diventato cavaliere controvoglia e non accetta la regola di base: se non uccidi, ti uccidono
-Un disilluso cresciuto a vessazioni e violenze che ha sviluppato un'immensa forza ma non sa far gruppo

Invece sono tutti uguali, individualità a farfalle, uniformità, tutti uguali!!11!!111!!11!!!!1

Poi si è scelto proprio la serie adatta, dove si calca infinitamente sul concetto che non ci sono buoni o cattivi ma solo cavalieri fedeli alle proprie divinità

Mancava solo che partisse il coretto "Fatti vedere, coniglio fatti vedere, fatti vedeeeeeeeereeeee"


Pinguo è bello


I Love Sorkino™

Hey, ha funzionato! Manigoldo miglior personaggio di Lost Canvas!
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Gold Saint 85
messaggio Mar 31 2011, 01:08 AM
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Cavaliere di Bronzo
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Gemini



conosco il soggetto hihiih


Pinguo è bello




Amü, me bell'amü... A Sfurtûn-a a l'è 'n belin ch'ù xeua 'ngiu au cû ciû vixín
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Metal Mylock from Hell
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Mylock Beholder

Il Re degli Dei

Gruppo: Adoratus et Osannatus et Incazzatus Semper
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Iscritto il: Oggi, 04:51 PM






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