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barakei

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barakei
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Interessi: Sono un gatto. Pigro e ronfante, mi piace sonnecchiare il giorno, andare a caccia di stranezze,sogni,segni,santi,sensi,soli,s telle. La notte. Un animo romantico, un cuore gentile, una mente dannatamente illuminista
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27 Mar 2011
Potrebbe essere un seguito di Memento, non c'ho mai pensato. Ma il tema è quasi lo stesso blink.gif

Facciamo le professionali lol.gif

Disclaimer: i personaggi appartengono a Masami Kurumada. Ma tanto lui non lo sa.

Characters: Aiolia e Kanon. Un pò Aiolos e Saga.

Nota1: Episode G, capitolo 60. Galan va a trovare Aiolos, o meglio un'urna funeraria vuota. Porta con sè dei giacinti, simbolo dell'amore che lega Aiolia al fratello. Ecco lo spunto: una tomba vuota e dei fiori il cui significato è il ricordo che mai si può perdere, neanche quando la persona a cui esso è legato non c'è più.


Contenuto Spoiler
Non vive più ei forse anche sotterra, quando

gli sarà muta l'armonia del giorno,

se può destarla con soavi cure

nella mente de' suoi? Celeste è questa

corrispondenza d' amorosi sensi,

celeste dote è negli umani














Dicono che poter piangere su di una tomba lenisca il dolore, immenso e inconsolabile, della perdita.

“Sciocchezze!”

Ripeteva a se stesso Aiolia. Ogni giorno. Ma ogni giorno non poteva evitarsi quella mesta e solitaria processione, che dalla casa del Leone lo conduceva al piccolo cimitero, poco fuori il perimetro sacro delle dodici case.

Non poteva evitare a se stesso, Aiolia, di levarsi assieme al sole, e di dirigersi proprio lì. Poter piangere su di una tomba lenisce eccome il dolore di chi ha perduto una persona cara. Per lo meno dà a chi resta nel mondo dei vivi l'illusione che essa sia lì, che senta la tua presenza, che ne sia ristorata.

Eppure, la tomba su cui Aiolia avrebbe voluto piangere e trovare conforto era tristemente vuota.

Il corpo di Aiolos, giovane generoso e vero guerriero, il corpo di suo fratello non era mai stato ritrovato.

Atena, tornata al Santuario nel sangue di una lotta fratricida, la dolce Pallade Atena volle che anche per Aiolos vi fosse una tomba.

Come per gli altri guerrieri a lei devoti periti in quella assurda e sbagliata lotta.

Così la dea decise di seppellire il ricordo di Aiolos, e del suo sacrificio.

Accanto a Saga, indotto traditore.

Non aveva protestato Aiolia del compagno che era toccato alla tomba vuota del fratello. Era così tanto il dolore che provava, così disperato il senso di colpa, così frustrante quel vuoto, in quella terra fredda.

Non aveva protestato il nobile Leo.

Ed ogni mattina, Aiolia si levava col sole, e mesto se ne andava verso quel piccolo cimitero dove non aveva nessuno da piangere.

Solo il ricordo dell'eroe.

Il ricordo di un fratello.

E sempre con sé portava fiori, freschi e profumati.

Non aveva mai domandato al fratello, il piccolo Aiolia, se vi fosse un fiore che preferiva fra i tanti che la terra regala agli uomini.

Così, memore di quanto aveva udito chissà dove, egli stesso sceglieva per Aiolos giacinti cremisi, simbolo di dolore e perpetua reminiscenza.

Ogni giorno, da quando Atena aveva fatto ritorno al Santuario, Aiolia non mancava mai di recarsi a rendere omaggio a quella tomba vuota.

Lì giungeva alle prime luci dell’alba, lì i suoi passi si facevano sempre più lenti e insicuri, quando lo sguardo inciampava sui nomi dei compagni morti nella guerra del Santuario.

Lì giungeva davanti alla tomba del Sagittario, accanto ad essa le spoglie di Saga; quelle sì riposavano nella fredda terra.

Aiolia fissava con disprezzo quel nome, con disprezzo e amarezza nel ricordo dell'infanzia pur trascorsa accanto al miglior amico di Aiolos.

Ma non era quello il luogo atto a dare sfogo alla sua rabbia, che sarebbe stata incontenibile e blasfema. Un’occhiata fugace lanciava a quel nome odiato, una sola occhiata per poi rivolgere tutte le sue tristi attenzioni alla fredda pietra posta accanto.

Era in fondo quasi una consolazione che il corpo di Aiolos non fosse mai stato trovato, come sciocca speranza che il fratello fosse ancora vivo.

Sciocca consolazione di non saperlo là sotto, ricoperto da una densa coltre di fredda terra bruna.

Terribile la sensazione che gli infondeva il pensiero, che quel corpo tanto forte e caldo, ora fosse null’altro che polvere, dispersa chissà dove.

Aiolia arrivava, con questo uragano di sentimenti contrastanti a sconvolgergli il già provato animo, s’inginocchiava e per infiniti attimi non poteva fare altro se non stare lì.

I begli occhi fissi su quel nome che non riusciva più a pronunciare.

In realtà erano gli occhi della memoria che s’impadronivano in quegli istanti del suo sguardo, catapultandolo indietro di svariati anni: anni felici, anni tristi, anni spensierati, anni dolorosi. Quando il fiume di ricordi lo attraversava come una piena dalla quale non poteva avere scampo, lasciandolo poi inerme e spossato, Aiolia ripuliva con gesti teneri la tomba vuota del fratello, con cura. Come egli fosse lì, come se egli necessitasse di quelle attenzioni dovute ai cari che non ci sono più.

Allora, Aiolia, abbassando lo sguardo, si preoccupava di togliere i fiori portati il giorno prima, con le mani spazzava via il fogliame trascinato dal vento, la polvere umidiccia mista alla terra bruna e gelida.

Mai una lacrima versava, mai.

Per quanto quelle maledette goccioline salate continuamente lo sfidavano, con temeraria sfacciataggine, affacciandosi alla soglia dei suoi occhi azzurri offuscati dal rimpianto.

Ma Aiolia, fiero come sempre, vinceva anche quella battaglia, quotidiana e straziante, con le sue lacrime.

Non c’era bisogno di scagliare colpi alla velocità della luce, fendenti implacabili o chissà quali altre mosse speciali. Ad Aiolia bastava, quando le lacrime lo attaccavano, ricordare. Cos’altro poteva impedirgli di piangere quel fratello tanto amato, se non l’assoluta, feroce, consapevolezza di averlo tradito?

Avrebbe avuto il coraggio di recarsi a quella tomba, ogni giorno, se il fratello vi fosse stato davvero sepolto?

Probabilmente no.

Altro motivo per non versare lacrime: si riteneva tanto vigliacco da non avere il coraggio di affrontare né il ricordo di Aiolos, né una tomba piena di lui.

Stava in silenzio, Aiolia, sempre.

Era ormai una delle caratteristiche proprie di quel giovane leone, il silenzio.

L’unico compagno avuto in quei tredici anni di solitudine e rancori.

Stava in silenzio Aiolia, anche quando i passi di qualcuno si facevano sempre più vicini.

Un’altra anima in pena, pensava Aiolia ogni volta che lo sentiva avvicinarsi.

Un’altra anima tormentata dalla colpa e dai rimorsi.

Kanon di Gemini.

Tornato al Santuario per volere della dea. Perdonato dalla dolce Atena, ma non dai suoi compagni.

E certamente non da Aiolia.

Kanon che tanta parte ebbe nell’esplosione di follia di Saga, Kanon che tanta colpa trascinava con sé.

Anche l’irrequieto ex Marina, ogni mattina svolgeva la sua personale e solitaria processione verso il cimitero dei sacri guerrieri. Ogni mattina, al levarsi del sole, lasciata la terza casa che ora a lui spettava di difendere, percorsi i sentieri che meglio potevano nascondere la sua sgradita presenza, Kanon si recava a salutare quel fratello che aveva odiato con tutto se stesso.

Amato con tutto se stesso.

E ogni mattina Kanon trovava Aiolia accanto alla tomba di Saga.

Inutile dire che i due non si scambiavano mai il benché minimo saluto.

Neanche un cenno, neanche un grugnito da potersi interpretare in qualsivoglia maniera.

Kanon arrivava, vedeva Aiolia, riconosceva in lui Aiolos, che aveva odiato forse più del fratello, stringeva i pugni per non farsi sopraffare né dal rimorso né dalla rabbia, e si appressava alla tomba di Saga.

Lì stava, anche lui in un silenzio carico di ricordi rumorosi e difficili da controllare, carico di lacrime che solo la presenza di Aiolia gli impediva di piangere.

Kanon, l’imperturbabile Kanon, il terribile Kanon dall’espressione sempre arcigna e severa, avrebbe voluto sfogare nel pianto ogni singola particella di dolore che lo permeava, nell’assenza di chi avrebbe dovuto proteggere e invece aveva consegnato nelle mani del mostro.

Non parlavano mai, i due guerrieri di Atena.

Eppure ogni mattina, Aiolia seppur iroso nei confronti del nuovo compagno, ogni mattina il giovane Leone prima di offrire i suoi giacinti alla memoria del fratello, divideva in due il mazzo di fiori, e senza dire la benché minima parola, allungava una mano per porgere l’altra metà a Kanon.

Che non si girava, non lo ringraziava, ma accettava sempre quella tacita offerta.

Il giacinto, fiore nato dalla morte del bel giovane da cui prende il nome, Giacinto amato da Apollo, che non volle perdere la sua memoria e donò ai fiori nati dal suo sangue il nome tanto caro.

I giacinti, nelle loro tante varietà, quella forse più rara dalle gocce cremisi che mantengono il sangue del fanciullo del mito, quei fiori dal profumo intenso stavano ad indicare la rimembranza perpetua nel dolore della perdita, nell’amore che supera il cordoglio.

E quei due giovani santi e uomini, che avevano perso le persone a loro più care, che avevano per le ragioni più disparate un forte bisogno di chiedere perdono e di ritrovare la pace, quei due giovani lasciavano da parte ogni contesa, ogni crudele disputa, ogni atroce ricordo, per farsi silenziosamente compagnia e sostegno, innanzi a quelle due tombe.

Tombe dalle quali altro non giungeva se non l’amore, quello che supera il cordoglio e la morte stessa.

L’amore di due fratelli ancora vivi nei ricordi di chi era lì a piangerli.

19 Mar 2011
Non ho mai postato una mia storia su forum, quindi se sbaglio sezione o titoli o cose così ditemolo che provvedo a correggere, oppure correggete voi che io sono pigra! lol.gif

La fanfic in questione è roba vecchia, ma io ci sono affezzionata wub.gif
non è un capolavoro ma l'ho scritta con tutto il mio cuoricino aiolosista e micista prugna.gif (<< ma è adorabille la prugna!)

la metto sotto spoiler, perchè è lunga!

e prima ci metto l'immagine ispiratrice sotto spoiler, così vi gustate anche una bella fanart! blush.png

immy
Contenuto Spoiler


storiella

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Memento.

La pioggia continuava a cadere fitta e incessante. Erano quelle lacrime piante dal cielo, che fredde cadevano sulla terra sacra ad Atena. La fanciulla aveva da poco finito di officiare una cerimonia, solenne e sobria, breve ma sentita da tutti i presenti. Ad uno ad uno i partecipanti lasciavano il piccolo cimitero, posto appena fuori le mura del Santuario; mesti e silenziosi, per non guastare la sacralità del momento che sembrava permeare tutto. La stessa pioggia che cadeva così pesantemente dalla volta imbrunita da nuvoloni grigi, scivolava sul suolo senza quasi fare rumore. Uno ad uno, i sacri guerrieri dal cosmo aureo si accingevano a tornare nelle loro antiche dimore, uno ad uno passavano accanto al giovane Leone, che invece se ne stava ancora fermo ed immobile, come ipnotizzato dalla penosa vista. Uno ad uno passavano accanto ad Aiolia, non riuscendo a dire al giovane niente che potesse confortarlo nel suo silenzioso commiato. Solo Milo tentò, egli che aveva appena sepolto, in quella terra, l’amato compagno e che poteva ben comprendere il dolore senza fondo in cui l’altro era immerso. Solo Milo tentò di trovare parole, semplici e sincere, per esprimere lo sconforto suo e dell’amico ritrovato. Ma lo sguardo di Aiolia, cercato, non si posò su quello, reso mite, dello scorpione che non trovò nessuna parola, sincera o semplice, da rivolgergli. Solo gli posò una mano sulla spalla, stringendola con forza quasi a trasmettergli i suoi pensieri. Tristi come quelli di Aiolia.
Ultima a muoversi fu la divina fanciulla, scortata da altre due giovani ancelle che la riparavano dall’acqua come meglio potevano. Ma prima di andare Saori si avvicinò al giovane che se ne stava immobile accanto ad una delle lapidi, da pochi istanti lì posta. Aiolia, gli occhi sbarrati e fissi sulla fredda pietra innanzi a sé, era come pietrificato, un tutt’uno con quella liscia lastra di pietra su cui era inciso il nome ed il grado di suo fratello. Non aveva distolto lo sguardo da lì neanche per un istante. Eppure in quella cerimonia breve e disadorna, la tomba di suo fratello non aveva accolto nessun corpo, ed era rimasta dolorosamente vuota.
Non come le altre, destinate ad ricevere e proteggere le spoglie mortali dei giovani sacri guerrieri, morti nella guerra del Santuario. La tomba di Aiolos non era stata neanche scavata, nulla vi poteva essere sepolto, eppure la dea aveva fortemente voluto che vi fosse anche per lui una cerimonia che ne ricordasse la scomparsa, che ne celebrasse le gesta. Ed Aiolia era rimasto lì, di fronte alla lapide del fratello, i pugni stretti, gli occhi senza vita ferocemente posati sulla pietra liscia, le gocce di pioggia sul suo volto, confuse con le lacrime.
Neanche una volta il suo sguardo si era volto alla tomba posta a fianco, la tomba di Saga che avrebbe riposato per sempre accanto al ricordo di Aiolos.
Saori gli si fece accanto, con un semplice gesto fece allontanare le giovani che la riparavano dalla pioggia, e rimase vicino al suo guerriero più fedele e disperato. L’acqua era fredda, ma la fanciulla poco se ne curava, e dopo un po' il giovane uomo che come statua immobile e distante se ne stava solo, immerso in un dolore muto e senza rimedi, si decise infine a voltarsi verso di lei. Incontrando gli occhi tristi della sua dea, quelli di Aiolia non poterono non ricambiare lo sguardo pietoso, e tentò il giovane di abbozzare un sorriso, che gli morì, malgrado le buone intenzioni, subito sulle labbra.
È finita, pensava, ora Aiolos è davvero morto, ora forse potrà riposare in pace, avrebbe voluto pensare, avrebbe voluto convincersene.
È così, gli avrebbe risposto la sua dea, ora Aiolos riposa in pace, ora che sono tornata, grazie a lui, al suo sacrificio, ora il nostro Aiolos può riposare in pace, perché tu ora ti poni in mia difesa, nobile Aiolia.
Ed era vero, era tutto vero.
Tuttavia l’unico che non avrebbe mai avuto pace, che non avrebbe mai trovato davvero pace era proprio Aiolia, nobile santo umanamente devoto alla dea Atena, giovane dal cuore tormentato, dall’animo spezzato. Stringeva i pugni Aiolia, forte, fortissimo, fino a farsi male perché spesso un dolore più piccolo, ma presente, dona l’illusione di offuscare un dolore ben più grande, ma passato; proprio come una piccola bugia nasconde a volte una più grande menzogna. Stringeva forte i pugni, Aiolia, a contenere un cosmo rabbioso e pieno di rimorsi, come sempre gli era capitato di fare quando il ricordo di Aiolos chiedeva di essere ridestato e rivissuto, in solitudine, e non cacciato via con rabbia in un angolo buio e inaccessibile della sua memoria. Stringeva forte i pugni, Aiolia, e in un sussurro appena udibile nel fragore della pioggia si rivolse alla sua dea, che pietosa e paziente era lì a confortarlo, in silenzio.
“Tra pochi giorni, sarà il suo compleanno…”


***


“Aiolia! Aiolia!”
Dall’alto della collinetta che sovrastava l’arena, Aiolos cercava con sguardo attento il fratello. Il suo richiamo giunse per primo a Saga, che con sguardo altrettanto attento e severo osservava lo svolgersi dell’allenamento mattutino cui i fanciulli destinati alle corazze d’oro erano sottoposti. Appena levati gli occhi in direzione dell’amico, il giovane santo di Gemini lo vide precipitarsi giù per un sentiero accidentato, e gli bastò l’avvicinarsi dell’agile e svelto Sagittario per avvertire un’insolita incrinatura nel cosmo, a lui tanto familiare, del compagno.
“Aiolos, tutto bene?”
Domandò subito, non appena l’altro gli fu accanto. Ed Aiolos, acquietato il fiatone per la corsa, prima ancora di rispondere alla domanda posta con tono accorato da Saga, si guardò ancora una volta attorno, e nell’arena, dove poteva scorgere le minute sagome ben note di Milo e degli altri bambini.
Ma non di Aiolia.
“Non è neanche qua..”
Sussurrò, col respiro ancora leggermente affannato, e senza neanche rispondere allo sguardo interrogativo di Saga, prese quest’ultimo per un braccio, delicatamente ma con decisione ed impazienza, allontanandosi più che poteva dalle orecchie dei piccoli curiosi.
“Hai visto mio fratello?”.
“No, qui non è ancora venuto.”
“È da questa mattina che lo cerco, ma non riesco a trovarlo da nessuna parte!”
“Sarà qui nei paraggi.”
“Non è da lui sparire senza dirmi niente!”
“Aiolia è un bambino coscienzioso e responsabile, lo sai bene. Forse vuole concentrarsi sugli allenamenti da solo.”
“No, me l’avrebbe detto! Deve essergli successo qualcosa!”
Il tono brusco e la voce alterata sorpresero non poco Saga, abituato com’era alla calma e tranquillità che sempre Aiolos sapeva dimostrare. Vedere l’amico in preda ad un piccolo attacco di panico lo turbò ma allo stesso tempo, questo inedito aspetto di Aiolos lo intenerì: il giovane e valoroso guerriero, che impavido e impassibile si parava innanzi al più pericoloso dei nemici, scopriva ora un lato di umana fragilità nel temere la sorte del suo piccolo Aiolia.
“Non ti sembra di esagerare, amico mio?”
Saga provò a razionalizzare il timore dell’altro, posando appena una mano sulla spalla tesa del compagno, che accortosi di aver involontariamente esagerato teneva il capo chino, sconsolato.
“Se così fosse, ne saremmo stati avvertiti dal cosmo del Leone, non credi?”
“Si forse hai ragione, però…”
“Se cerchi Aiolia io so dov’è!”
La vocina squillante apparteneva a Milo, che li stava osservando da un po’ curioso, poco distante dai due compagni più anziani; i grandi occhioni vispi e furbi accesi di blu. Il bambino, destata l’attenzione dei due ragazzi, si avvicinò ancora.
“Se cerchi Aiolia io so dov’è!”
Ripeté di nuovo, convito.
“Davvero?”
Aiolos, sollevato e allo stesso tempo ansioso di conoscere uno spiraglio di verità in quel piccolo mistero, si piegò sulle ginocchia, portandosi faccia a faccia col bambino; la polvere degli allenamenti sparsa su tutto il visetto paffuto non ne nascondeva però il solare, contagioso sorriso.
“Sì, ma non posso dirtelo”
“E perché?”
“Perché gli ho promesso che non l’avrei fatto!!”
Rispose innocentemente il piccolo.
“Non devi preoccuparti, tornerà presto”
“Tornerà? E da dove?”
“Te l’ho detto, ho promesso! Non posso dirtelo!”
“Sai bene che a voi è proibito lasciare il Santuario da soli, se il Grande Sacerdote viene a saperlo sarete puniti entrambi.”
“Ma io non mi sono mosso da qua!”
Protestò logicamente il piccolo Scorpio.
“Se non ci dici dov’è andato Aiolia è come se fossi suo complice.”
Anche Saga provò a convincere il piccolo greco, inginocchiandosi a sua volta per portarsi all’altezza del suo giovane compagno.
“Ma se ve lo dico lui poi si arrabbia con me!”
“Milo.” Aiolos allungò entrambe le mani appoggiandole saldamente sulle spalle del bambino, ricoperte da due grossi copri spalla di bronzo pieni di ammaccature e crepe, a prova dei duri allenamenti a cui era sottoposto assieme ai suoi compagni.
“Hai la mia parola che Aiolia non saprà niente, ma ora ti prego dimmi dov’è andato. Possono esserci molti pericoli fuori dal Santuario, anche per voi che siete futuri sacri guerrieri.”






***

Le stradine strette e contorte del piccolo villaggio quella mattina erano piene della vitalità tipica dei giorni di mercato. Il vociare alto e strillante, a volte confuso in mille altri rumori, dei venditori; il parlottare fra le donne impegnate nella spesa quotidiana; i bambini che si rincorrevano sfidando i percorsi intricati formati dalle gambe degli adulti, incuranti dei loro giochi innocenti.
I profumi e i colori delle merci esposte sulle bancarelle quasi riscaldavano quell’aria resa gelidamente pungente da un autunno piuttosto freddo, anche da quelle parti dove il mare si poteva scorgere semplicemente volgendo gli occhi davanti a sé. Verso l’orizzonte dalla linea bianca.
Fra quell’insieme d’esistenze che s’incrociavano per quelle vie antiche, un bambino dai riccioluti capelli biondi si aggirava con un fare sicuro, stringendo stretto fra le mani poggiate contro al petto un piccolo sacchetto di carta scura. Camminava a passo lesto, sul visetto paffuto il rossore delle gote esposte al vento ed un sorriso di soddisfazione per la riuscita di una piccola impresa, che tanto gli stava a cuore di compiere, nonostante la sicura punizione che l’attendeva per aver trasgredito ad una delle regole più severe del Santuario.
Ma non era certo quello il momento di pensare al prezzo che avrebbe pagato per la sua piccola marachella, tutti i suoi pensieri erano concentrati nell’immaginare la reazione del fratello. Aiolia si figurava già lo stupore con cui Aiolos avrebbe appreso il motivo della sua insolita disobbedienza, di sicuro avrebbe accolto quel piccolo dono con gioia.
Anche se avrei voluto donarti qualcosa di più prezioso.
L’avrebbe di sicuro rimproverato per aver trasgredito alle regole, per averlo fatto stare in ansia. Ed Aiolia avrebbe semplicemente accettato la punizione decisa dal maestro, conscio che dopotutto se la meritava ma felice per avere finalmente trovato un modo di dimostrare al fratello più grande il suo affetto.
Il rimprovero, la punizione, niente importava ora: per la prima volta sarebbe stato lui ad onorare il compleanno del fratello.
Ne sarebbe valsa la pena.

Mentre si faceva strada oltrepassando la folla concitata urtò senza volerlo contro la schiena di uno sconosciuto, provocandogli una perdita d’equilibrio che quasi lo fece precipitare su un gruppetto di ragazzini visibilmente più piccoli di lui. Il bambino scusandosi prontamente fece per riprendere il suo cammino, ma l’altro lo trattenne tirandolo dalla corta mantellina di lana che indossava per ripararsi dal freddo di quella mattina. Senza poterlo evitare, si ritrovò circondato in mezzo al cerchio che quei ragazzini, dall’aria poco rassicurante, gli avevano creato attorno per chiudergli ogni via d’uscita.
“Potrei passare per favore? Devo andare”
Chiese gentilmente.
“Andare?”
Il ragazzo più grande, presumibilmente a capo del gruppetto, gli si avvicinò, con aria alquanto torva “No, tu devi restare un po’ con noi!”
“Mi dispiace ma devo tornare a casa. Mio fratello mi sta spettando”
Il bambino cercò di conquistare terreno, ma non gli furono concessi che solo pochi passi incerti, in avanti.
“Sai cosa hai fatto? Mi hai quasi fatto cadere!”
“Non ti avevo visto perché ero assorto nei miei pensieri. Ti domando ancora scusa”
“Ma come cavolo parli! Sembri uscito da uno di quei libri che ci danno a scuola!”
Lo schernì il massiccio ragazzone, intanto che gli altri avevano iniziato a sghignazzare malignamente, sempre intorno al piccolo che strattonavano con forza, tirandolo ora da una parte ora dall’altra.
“Io… devo andare!”
Cercò ancora una volta di farsi largo fra di loro, divincolandosi come meglio poteva. Sapeva di essersi cacciato nei guai, che quelli non l’avrebbero lasciato andare tanto facilmente, ma sapeva anche quanto facilmente avrebbe potuto liberarsi di quegli sbruffoni, che ignoravano di avere a che fare con un futuro sacro guerriero d’oro.
“Che cos’hai lì?”
Domandò all’improvviso uno dei bulletti che lo tenevano accerchiato.
“Niente!”
“Facci vedere!”
Tutti cominciarono a farsi più vicini, e minacciosi, allungando le mani verso il sacchetto che il piccolo greco teneva con forza stretto al petto.
“Dai qua!”
Approfittando della ressa di mani, il ragazzone più grande riuscì con un gesto deciso ad afferrare sacchetto, strappandone la carta dal lato superiore.
“Ridammelo!”
Il bambino allungò prontamente una mano per riacciuffare la sua preziosa busta, ma gli altri dagli spintoni e dalle minacce fino a quel momento solo paventate erano passati ad azioni decisamente più concrete, iniziando ad allungargli diversi pugni e ceffoni che il piccolo incassava senza reagire.
“Ma che cavolo è sta roba?”
Strappando completamente il misero involucro di carta, il ragazzo ne tirò fuori una lunga striscia di stoffa rossa. Alla vista del nastro estratto dal sacchetto, finito a terra in mille pezzettini colorati svolazzati dal vento, il piccolo greco reagì ed afferrò con forza una delle mani che lo tenevano fermo, riuscendo a liberarsi dalla presa.
Doveva essere mio fratello il primo ad aprirlo!
“Rendimela!”
Intimò il bambino, la cui improvvisa e convinta reazione suscitò non poca meraviglia.
“E se non volessi?”
“Se mi costringerete a farlo, non esiterò a battermi per riavere ciò che è mio!”
“Credi forse di poterci spaventare moccioso?”
Senza altro dire, il piccolo greco si liberò della morsa di quelli che lo circondavano, mostrandosi incredibilmente agile e forte, ad uno ad uno i ragazzi che lo avevano prima percosso con facilità, caddero a terra colpiti con pugni precisi assestati in parti delicate. Il ragazzo più grande ammutolito, non poté fare altro che assistere alla disfatta dei suoi compari, vinti da un bambino di appena quattro anni.
“Ma chi diavolo sei?”
“Non intendo usare la mia forza contro di te, quindi restituiscimi quello che mi hai rubato!”
“E va bene…”
Il bulletto, nascondendo bene la scossa di paura che lo sguardo ferino dell’altro gli aveva trasmesso, si avvicinò al bambino tendendo verso di lui la mano dalla quale fuoriusciva un pezzo di stoffa. Ma non appena il bambino stava quasi per riprendersi il suo prezioso dono, l’altro con un gesto fulmineo cambiò braccio e con l’arto libero lo afferrò per il polso, piantandogli il ginocchio in pieno stomaco.
“Ah ah!! Credevi fosse così facile, moccioso?!”
Il bambino si piegò in due dal dolore cadendo inerme ai piedi dell’altro, che era già pronto al colpo di grazia, una mano sospesa a mezz’aria chiusa a pugno per colpirlo. Il piccolo serrò gli occhi, incapace di rialzarsi per il dolore e dunque di difendersi.
“Ehi!! Di che cavolo t’impicci tu!!”
Alzando lo sguardo verso l’alto, Aiolia vide la mano del fratello stretta intorno al polso dello spaccone.
“Maltrattare un bambino è da vigliacchi” disse il giovane, fissando dritto negli occhi il bullo ammutolito “ma maltrattare mio fratello Aiolia è da stupidi!”
Aiolos aumentò la forza della sua stretta, così tanto che l’altro non poté fare a meno di iniziare a gridare dal dolore, imprecando contro il nuovo arrivato. Aiolia, ancora a terra, sollevato dall’arrivo del maestro, si ritrovò quasi contento dal fatto che il teppistello non potesse avvertire l’aura minacciosa sprigionata dal cosmo di Aiolos. Se ne stupì lui stesso, che fino ad allora non aveva mai avvertito tale rabbia nella sempre luminosa e pacifica energia del fratello. Tuttavia, seppure l’altro non possedeva la capacità di avvertire un cosmo, gli bastò lo sguardo minaccioso del giovane santo, e quella specie di scarica elettrica che da lui sprigionava, a fargli comprendere che il nuovo arrivato non era pane per i suoi denti.
“Ora vattene” disse lasciando la presa “e badate a che io non venga a sapervi ancora a minacciare bambini indifesi!”
Si rivolse anche agli altri suoi compagni di sventura, e bastò il tono con cui pronunciò queste parole a far trasalire il gruppetto di furbacchioni, che senza farselo ripetere una seconda volta se ne corsero via lesti, evitando anche di voltarsi.

Dopo aver seguito con lo sguardo il gruppetto allontanarsi, Aiolos si accertò delle condizioni del fratello.
“Tutto bene?”
Chiese, aiutandolo a rimettersi in piedi. Il tono della voce era tornato quello solito, dolce e affettuoso. Aiolia se ne stava zitto, con lo sguardo piantato a terra, aspettandosi una bella sgridata dall’altro per la sua imprudenza.
“Mi…mi disp…” balbettò.
“Sono fiero di te, fratellino” disse invece Aiolos, mentre lo ripuliva dalla polvere. Il bambino lo fissava con gli occhioni sgranati dallo stupore.
“Ho osservato tutta la scena da lontano. Hai affrontato dei ragazzi più grandi di te senza ricorrere alla tua vera forza. E hai tenuto testa anche a quello sbruffone senza temerlo. Bravo!”
E scompigliò con un’energica carezza i folti riccioli biondi.
“Anche se ti ho sempre detto che non devi mai abbassare la guardia, né tanto meno fidarti così ingenuamente del tuo avversario.”
Aiolia lo ascoltava sempre più incredulo, stordito; invece della ramanzina il fratello si complimentava con lui!
“Ora però devi dirmi che ci fai fuori dal Santuario senza il mio permesso, fratellino.”
“Io dovevo… dovevo comprare una cosa!”
“Comprare?”
“Si, ho chiesto al Grande Sacerdote in persona il permesso di poter venire al villaggio, perché dovevo comprare una cosa importante!”
Spiegò convinto e deciso, il piccolo.
“Aiolia, non capisco. Hai disturbato il Sommo per quale sciocchezza? Potevi dire a me di cosa avevi bisogno.”
“No!” ribatté, scuotendo vigorosamente il capo.
“Dovevo comprarlo io! È importante!”
“E che cosa sarebbe questa cosa tanto importante da spingerti a mentirmi?”
Solo allora Aiolia si accorse che non aveva più recuperato né quello che restava del sacchetto né tanto meno il suo contenuto. Si guardò intorno, scorgendo in terra, poco distante, un pezzettino di stoffa rossa emergere dai resti sparsi dell’involucro di carta.
“Eccola lì!”
Disse, precipitandosi subito a riprendere il suo piccolo dono.
“Posso vedere di cosa si tratta?” Chiese Aiolos, avvicinandosi.
Aiolia, recuperato quello per cui si era tanto battuto pochi istanti prima, rimase poco distante dal fratello; si voltò verso di lui, ma tenne ben nascoste le manine dietro la schiena.
“Prima chiudi gli occhi!”
“Perché?”
“Dai chiudi gli occhi! È una sorpresa!”
Aiolos, paziente, ubbidì; chiuse gli occhi e attese che il fratello rendesse più chiaro tutto quel suo fare misterioso. Nel frattempo Aiolia, diede un’ultima occhiata alla stoffa dalla quale tolse via pochi granelli di polvere e frammenti di carta colorata. Poi avvicinandosi al fratello, allungò le mani verso di lui.
“Puoi aprirli ora!”
“Uh?”
Nel palmo delle mani di Aiolia c’era una fascia di semplice stoffa cremisi.
“Questa…”
“È per te fratello!”
“Per me?”
“È il mio regalo per il tuo compleanno!!”
“Aiolia…”
“Io volevo regalarti qualcosa di più bello e prezioso, ma non avevo tanti soldi. Ho potuto prendere solo questa fascia..”
Aiolos avvicinò una mano verso quelle aperte e tese verso di lui del fratellino, prese il suo regalo e lo osservò un poco “È bellissima!”
“Dici davvero?”
Aiolia lo vide portarsi la fascia alla fronte, dopo aver tolto con una mano la frangia e appoggiato la stoffa, su cui pochi istanti dopo ricaddero i biondi riccioli del sagittario. La legò dietro la testa.
“Allora, come mi sta?”
Chiese al piccolo Leo, che se ne stava ancora in silenzio.
“Ti piace davvero?”
“È un regalo stupendo, fratellino. Grazie!”
Appena udite le parole di Aiolos, Aiolia gli si gettò fra le braccia, riversando sul giovane tutta la sua gioia; l’altro lo accolse, stringendolo forte a sé.
“Questa fascia sarà il mio portafortuna, non la toglierò mai!”
Il volto del bambino s’illuminò dello stesso sorriso che splendeva sul viso del fratello più grande.
“Ti voglio bene, Aiolos” sussurrò il piccolo, felice e soddisfatto.
Prendendolo in braccio Aiolos s’incamminò col fratello verso il Santuario.

Questa fascia sarà il mio portafortuna, non la toglierò mai…


***


Aiolia sciolse il pugno, serrava stretta nel palmo della sua mano la fascia che era stata del fratello.
“Mi ha mentito..” la voce tremava, e la pioggia che andava scemando non poteva più nascondere le lacrime pungenti che solcavano il suo viso “…mi aveva promesso che non l’avrebbe mai tolta.”
E tutto il peso degli anni passati, riversato sulle spalle del bambino prima e del giovane poi, rese forti dal dolore e dall’unica cosa che gli aveva permesso di non arrendersi, la fede nella sua dea; tutto quel peso sostenuto con fierezza e senza mai compiangersi, ora si faceva sentire come mai prima. Ed Aiolia crollò, in ginocchio innanzi alla fanciulla, alla dea a cui era sempre stato fedele.
La dea per cui l’amato fratello aveva sacrificata la vita.
“Mi ha mentito...aveva promesso…”continuava a ripetere a se stesso, ai suoi ricordi, stringendo forte, ancora più forte di prima, la fascia nella sua mano.
“Aiolia” la fanciulla, che uguale sentiva il dolore per quella perdita, piegata sulle ginocchia per ritrovare nell’altro lo sguardo nobile che ben conosceva, gli prese la mano, nella quale Aiolia stringeva il ricordo del fratello, fra le sue. Mani delicate, ma che sapevano trasmettere tutta la forza di un cosmo superbo ed immenso, mani di fanciulla e di dea.
“Aiolos sapeva bene che mai più avrebbe potuto far ritorno al Santuario. E sapeva bene che tu non avresti mai trovato conforto alcuno, nel poter piangere sulla sua tomba”
Il giovane sollevò appena il capo, ed i suoi occhi azzurri, umidi di lacrime e pioggia, incontrarono in fine quelli della dea e della fanciulla.
“È per questo che Aiolos ha voluto che tu avessi questa fascia, perché la considerava una parte importante di sé.”
Una semplice verità, che il dolore gli nascondeva come dietro ad un velo spesso e amaro, e che la sua dea ora svelava con straordinaria chiarezza, stringendo forte, fortissimo fra le sue, la mano del giovane santo.
“Ora, Aiolos è tornato a casa.”
E nel cosmo divino della dea, Aiolia sentì quello mai spento di Aiolos.
Era davvero tornato a casa, era di nuovo accanto a lui.

Le grosse nubi grigie, svuotate ormai del loro carico di pioggia, andavano diradandosi, ed un timido sole reclamava il suo giusto spazio in un cielo ancora troppo scuro.
9 Mar 2011
vi porgo i miei saluti, cavalieri e sacerdotesse!
Giungo su questi lidi incoraggiata da Titania76, che ringrazio ancora per avermi fatto conoscere questo forum. Lei lo sa, i miei recenti traumi internettiani mi hanno resa parecchio diffidente sulle community.
Poi, però, leggendo alcuni vostri post mi sono decisa. Io adoro Saint Seiya, ma mi piace anche poterci sdrammatizzare su!
Sono una convinta sostenitrice di Episode G.
Al contrario, non ho mai apprezzato il Canvas.
Adoro l'anime classico.
Dal mio avatar si può facilmente intuire quale sia il mio santo del cuore (no, non è il tizio che ama rotolare palle all'infinito lol.gif )
Dopo i tredici oav dell'Hades sanctuary per me c'è il nulla (maledetto kurumada con le sue idee bislacche -.-)
Su di me, bè sono una fan dei cavalieri della generazione anni '80, mitica odeon (indovinate quanti anni ho? ^^)
Studio Letterature Comparate, e sto per laurearmi.
Mi pare di aver detto tutto....ma spero avremo modo di conoscerci blush.png

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